«Cuori ardenti significa che il missionario brucia per l’amore a Gesù»

Suor Marina Aguilar appartiene alla comunità delle "Hermanas marianitas" ed è direttrice nazionale di OMP (Obras Misionales Pontificias)/Missio in Ecuador. In un'intervista a Missio, parla del Ottobre Missionario, del processo sinodale e di come guida Missio in Ecuador in quanto donna.

Missio: suor Marina, il logo della campagna dell’ottobre missionario 2023 è Cuori ardenti, piedi in cammino: cosa significa per la Chiesa in Ecuador e per la Chiesa universale?

Suor Marina: il logo scelto per il mese missionario 2023 non ha un profondo significato solo per la Chiesa cattolica in Ecuador, ma per tutta la Chiesa perché tutti siamo chiamati ad un incontro personale con Gesù che ci porta ad essere testimoni. Cuori ardenti significa che il missionario brucia per l’amore a Gesù che lo spinge ad essere sempre pronto a camminare, ad andare verso l’altro. Quando uno è pieno dell’amore di Dio, per un’esperienza personale di Dio, si mette in cammino, non solo in senso fisico. Camminare implica muoversi, togliersi tutto ciò che appesantisce, che allontana dal formare una vera Chiesa sinodale, una Chiesa missionaria.

Missio: Chiesa sinodale: partecipazione, comunione, missione: cosa significa per la Chiesa in Ecuador e per la Chiesa universale?

Suor Marina: per la nostra Chiesa significa tornare alle origini, perché se ricordiamo come è nato il popolo di Israele, vediamo che è nato proprio sotto queste tre prospettive.

Come nasce la Chiesa? Anche lei è nata da una comunione, dalla partecipazione e dalla missione.

E vari documenti della Chiesa e messaggi dei pontefici, richiamano proprio a ciò: importante nella vita di chi forma la Chiesa è la partecipazione. Partecipazione significa assumere gli impegni, i compiti della Chiesa, rispettando il ruolo di ognuno. La comunione ci porta alla partecipazione, ovvero alla fraternità che non chiede che tutti pensino allo stesso modo o che tutti dicano solo sì. Comunione significa che dentro la differenza di idee, di scelte, la Chiesa arriverà alla comunione nell’amore di Dio e alla missione. Da qui nasce la missione. Noi diciamo che la Chiesa è missionaria per sua stessa natura perché veramente è nata per la missione e vive per la missione.

Missio: suor Marina, lei è direttrice delle OPM. Cosa significa e quale è l’importanza di una donna che dirige le OPM?

Suor Marina: non parlerei del ruolo, perché un ruolo sottintende un compito da assolvere. Il fatto che una donna qui sia la responsabile significa che stiamo dando spazio alla donna, che tutti siamo corresponsabili nella missione, tutti, uomini e donne. Gesù stesso ci dice che tutti possiamo essere parte di questa Chiesa. Ciò implica un passaggio dal fare al servire e richiede un cambio di mentalità e di cuore, perché il lavoro è tanto ed è difficile. Io devo mettermi nei panni di ogni persona e cercare di capire l’occasione propizia e le parole giuste per esprimermi. Questo mi richiede una conversione, una preparazione, ma soprattutto significa un servizio perché nella Chiesa non dobbiamo assumere ruoli, ma servire.

La Chiesa equatoriana si caratterizza per avere molte realtà. Il popolo equatoriano ha i suoi gruppi etnici e culturali e quindi nella sua storia, nella Chiesa locale, il Vangelo si è inculturato, penetrando nelle realtà locali. È diverso evangelizzare in una città perché la secolarizzazione è penetrata nei gruppi di giovani e nelle famiglie; quindi, è molto più difficile una pastorale cittadina che in un vicariato all’est del paese o in altre parti.

Qui si è cercato di tradurre la Bibbia in quechua che è la lingua più diffusa nel paese. Ma anche nell’ Amazzonia dove si trovano vari gruppi etnici che parlano il proprio dialetto, diversi sacerdoti hanno cercato di tradurre i testi delle liturgie e dei sacramenti nella loro lingua madre. Ogni gruppo ha la sua peculiarità e la Chiesa equatoriana si impegna a preparare i suoi agenti pastorali affinché andando in quei luoghi, almeno conoscano gli elementi basilari della loro lingua per capire e farsi capire dalla gente.

Missio: come si vive e si vede il celibato sacerdotale?

Suor Marina: La nostra cultura non accetta che un uomo o una donna non si sposi o non abbia figli e spesso questa è una difficoltà per abbracciare la via del sacerdozio o di religiosa. La cultura quechua non considera vera donna quella che non ha figli o senza un matrimonio. Anche per questo nella cultura dell’Amazzonia è cresciuto molto il movimento dei laici e non perché non ci siano sacerdoti, ma perché la Chiesa equatoriana sta dando molto spazio ai laici. Abbiamo anche il diaconato permanente in alcune giurisdizioni e la Chiesa locale appoggia molto questo cammino. Per la pastorale vocazionale il lavoro è difficile: entrare in una cultura che non considera il celibato come un valore ma come un segno di debolezza il lavoro è difficile per se stesso. Malgrado ciò abbiamo vocazioni attive non contemplative nelle diocesi e nelle arcidiocesi, ma negli 8 vicariati niente e per questo dobbiamo far capo a personale di altre diocesi. È difficile pensare a vocazioni in questa cultura, in un mondo che dà maggior importanza al denaro, alla professione, non c’è spazio per una vita di servizio consacrato a Dio.