«C’ È UNA GRANDE RICCHEZZA DI TRADIZIONI!»

Padre Ottorino Poletti, comboniano, vive da molti anni in Ecuador e getta un ponte con le popolazioni indigene.

Missio: Lei è padre comboniano, ha abitato in Ecuador per tanti anni, poi è ritornato. Qual è la ricchezza della Chiesa dell’Ecuador? Sappiamo che ci sono molte culture indigene. Come si sono integrate all’interno della Chiesa Cattolica?

Padre Poletti: Sì, effettivamente l’Ecuador non è un paese grande, ma è ricco di culture, di tradizioni, di gruppi etnici molto diversi l’uno dall’altro. Per esempio, anche qui nel nord di Esmeraldas che io conosco c’è il gruppo afro che probabilmente è maggioritario, poi ci sono tre gruppi indigeni diversi uno dall’altro, come lingua e tradizioni: ci sono i Cayapas (o Chachi) che parlano il Chapala, ci sono gli Awa che parlano il Cawapi e ci sono gli Epera un gruppo più piccolo, poi ci sono los Montubios, i manabiti, passionali, lavoratori fedeli che quando si prendono un impegno lo portano a termine, poi ci sono molti Colombiani. Questa è la diversità che si riscontra in quest’area, ma la stessa cosa vale per altre zone dell’Ecuador. Forse una certa uniformità si trova nella Sierra, dove ci sono gruppi indigeni e misti. Quello che noto è che fondamentalmente c’è un’accettazione reciproca, non ci sono persecuzioni e emarginazioni. Quelli della Sierra dicono di quelli della Costa che sono festaioli e monos (scimmie), ma ridendo e senza cattiverie, come tra sud e nord italia. C’ è una grande ricchezza di tradizioni! Dove siamo riusciti a fare un incontro significativo con le culture nel nord di Esmeralda è stato con gli afro. Negli anni 50 siamo stati chiamati, in quanto missionari con molta esperienza in Africa, dal presidente della Repubblica qui in Ecuador per dialogare con l’etnia africana, dove abbiamo dato vita alla pastorale per gli africani che si è poi diffusa anche negli altri paesi dell’America Latina. Con la comunità africana abbiamo già fatto una serie di riflessioni sui valori, sulla modalità, su un recupero della danza, dei canti nelle liturgie. Con gli indigeni abbiamo un approccio sereno però non siamo ancora riusciti a sviluppare, dal punto di vista liturgico, qualcosa di significativo che corrisponda alla loro cultura. Uno dei nostri comboniani ha redatto una grammatica con la lingua dei cayapas. C’è interesse, stiamo recuperando questo impegno.

Missio: questi gruppi indigeni desiderano essere integrati?

Padre: Non sanno ancora che cosa sia la liturgia, ma sì, stiamo promuovendo delle iniziative per seguirli. Io quando vengo qui vado nei villaggi per incontrare le persone tutti i fine settimana, non per la chiesa parrocchiale, ma nei villaggi fuori, creo il ponte poi spero che i colleghi percorrano il ponte.